La seconda parte di tre scritti di fondamentale importanza

IATRARCHIA

POTERE, IATRARCHIA / MALATTIA, VIOLENZA

Applicare. Applicare la MALATTIA a tutto. Applicare tutto alla malattia. La malattia come fatto del tutto tecnico. Adoperarsi per la malattia, ognuno, sempre, dovunque. E cioè né più né meno che: cambiare completamente (umkrempeln). Sbellicarsi dalle rise (letteralmente: ridere fino al punto di ammalarsi) di tutto ciò che rimpicciolisce di salute (gesundschrumpfen). Stigmatizzare se stessi per la malattia (sich fuer Krankheit selbst brandmarken). Far contrarre di malattia (krank schrumpfen) il Fronte dei Pazienti fino a farne il Paziente del Fronte.

Di quale malattia si tratta? Si tratta di quella FORZA (Kraft) che, ripiegata su se stessa, oltrepassa se stessa come LIMITE in un salto [forza e limite, Kraft und Schranke; Schranke - cf. Schrank = armadio, arma(dio)]. Si tratta quindi di ogni malattia. In ciò la malattia ad andatura granchiesca (‘cancro’) non differisce per niente da quella delirante e vaneggiante (‘follia’), e quella mortale per nulla da quella che digiuna. E’ cosa seria come la morte, può e deve essere fatto immediatamente, urge l’iniziativa.

Per chi rischia la malattia come arma, la violenza (radice: morte) diventa un valore privo di forza, il potere (radice: magia) un imbroglio fragile senza limite (schrankenlos fauler Zauber). La malattia è la leva, è il prodotto risultante di forza e limite (Krankheit ist das Brecheisen aus Kraft und Schranke). La iatrarchia (il potere violento della classe medica che è violenza dell’HEIL per eccellenza) è la parola superflua, adeguata in quanto pleonastica, al di là e a destra di malattia e segno di frazione.

Divenire, mondo e parola sono campi d’applicazione tattici della malattia (topoi patopratici). La patopratica consiste nel ripiegare su se stessa forza e limite di divenire, mondo e parola fino al punto in cui saltano:
LA MALATTIA E’ IL PUNTO SALIENTE se trasformiamo
il divenire, da ‘(re)stare in salute’, in scompigliamento
il mondo in ammalarsi
la parola in attacco (Widerstreit).
Finora divenire, mondo e parola sono costituiti come potere violento della classe medica, come violenza del salus (HEIL).
Divenire è naturalmente, per non dire iatrarchicamente: restare in salute;
mondo è violenza del valore senza limite;
parola è rullo terroristico e torchio corazzato, anche stampa, contro la malattia (terapia).
E essa stessa, la malattia, spezzettata in sommatosi, psicopatia, reazione, male (Uebel), colpa, psicosi, nevrosi e devianza, è mantice e iniezione fortificante per iatrarchia e metafisica; in breve: è serbatoio rigonfio fortificatore del processo di rimpicciolimento nella salute (aufgeblasener Kraftspeicher der Gesundschrumpfung). Questa "malattia" è da prendersi come la vita: per sbellicarsi dalle rise.

La patopratica è tanto distante dalla tattica militare quanto dal suo prodotto contratto e rattrappito (Schrumpfprodukt), il tatto medico. La patopratica non conosce né adattamento a dei mezzi tecnici, né adeguamento a checchessia. Tanto meno l’equivalenza, il valore, la salute, la sfumatura, l’utilità, il danno. Essa punta sulla malattia, materia leggera come la luce e pesante come il mondo, sulla negazione elevata a potenza, non sulla sfumatura. Essa punta sulla malattia nell’arma, non sulle armi.

Lo sciopero della fame è una patopratica nelle mani del paziente del Fronte che, nel giro di pochi giorni, mette a nudo e spazza via la iatrarchia, la violenza priva di valore e la magia priva di potere. Infatti, la malattia della fame, entro lo sciopero della fame senza termine, illimitato nel tempo e incondizionato, infrange la solidarietà di magia e morte al centro d’ogni violenza dal salus (HEIL) (Heilsgewalt).

Tuttavia, qualora lo sciopero della fame sia collegato anche solo apparentemente con delle richieste, qualora miri a carpire piccoli vantaggi o addirittura "la libertà", esso, invece di sgombrare continuamente e totalmente il terreno dalla iatrarchia, epurando entrambi la iatrarchia e il terreno, toglie alla malattia la sua forza e il suo limite e offre alla iatrarchia un' occasione di celebrare nuovi e segreti trionfi.

Tre anni fa, durante l’irruzione in un cosiddetto deposito cospirativo di armi vennero trovate l’anamnesi e i vecchi documenti d’identità di un paziente. Le armi rimasero appese, da un bel pezzo, in qualche deposito giudiziario. Presto furono dimenticate. L’anamnesi però fece entrare in scena la iatrarchia. Per più di un anno e mezzo i clinici bombardarono di citazioni a giudizio la malattia anamnesticamente fissata. Infine fecero repentinamente aggredire dalla polizia, in mezzo alla strada, il patopratico che protestava per poi trascinarlo via a fare radiografie del suo gomito. Ma "ai fini del riconoscimento" fu dapprima accertato alla stazione di polizia quale intensità di dolore possa sopportare chi non risponda alle domande e non alza un dito invece di obbedire alla iatrocrazia. E sul suo dossier spicca un’etichetta a scherno di ogni democrazia: "Causa penale politica".

Ciò nonostante fu impossibile fare le radiografie poiché fin dall’inizio era all’ordine del giorno uno sciopero della fame totale, la malattia, al posto delle cianfrusaglie anamnestiche. Cinque volte fu deportato da un carcere all’altro durante i primi due giorni il ché distolse i medici dal loro scopo, dalle misure da loro adottate, e dalle loro attività: iatrarchia reattiva da un lato e, dall’altro, malattia offensiva, riflessione attiva. Nel diciottesimo giorno di sciopero della fame un medico qualsiasi consegnò il paziente per la tortura dell’alimentazione forzata proprio a quel medico carcerario che il paziente aveva denunciato tre anni prima per omicidio perpetrato, mediante la tortura dell’alimentazione forzata, contro un altro carcerato. Invano, naturalmente. Ma proprio in questa zona di morte, la iatrarchia, attaccata in quanto tale, si disperse in cose di secondaria importanza. Le visite dei difensori furono rese impossibili, l’avvocato fu bastonato in carcere fino al punto di essere stato ‘pronto’ per il ricovero in ospedale (krankenhausreif geschlagen). Ma tutto ciò non giovò a nulla. Dopo la settima tortura d’alimentazione forzata, durante la quale al paziente, immobilizzato con delle manette, fece aprire le mascelle con una leva e gli speronò nello stomaco la sonda con le dita protette da una specie di ditale di ferro, e il ventunesimo giorno dello sciopero della fame, il medico fece trasportare il paziente del Fronte per più di due ore in un’ambulanza fiancheggiata da due automezzi della polizia fino a 150 km dal luogo del delitto, e, avendolo prima derubato dei suoi documenti d’identità, lo fece rilasciare e abbandonare come senza tetto in mezzo alla strada. Alle condizioni poste dagli attacchi del collettivo dei Pazienti del Fronte: esattamente nel luogo dove, tre settimane prima, gli sbirri l’avevano assalito.

La patopratica è un’azione che supera tutto e si sviluppa intorno alla malattia (ueber-windende Aktion rund um Krankheit), l’asse di questo sviluppo (die Achse dieses Gewindes, Gewinde: cf. filettatura).

La malattia è più potente della iatrarchia e più violente della morte. La malattia è attività riflessa, ripiegata in sé, non è scindibile da sé, come modo di re-agire a questo o quell’altro.

Pesante come il piombo fu la via nella malattia, leggera come una piuma e lastricata di medici spezzati fu l’uscita dalla tortura. La trappola tesa al paziente, tanto astutamente escogitata dalla polizia, colpì e distrusse la iatrarchia nella, accanto e sopra la polizia.

Accade come nella favola della lepre e del riccio: la malattia è più veloce della iatrarchia. Dovunque si giunga, la malattia c’è già.

Un altro contrassegno della patopratica è il suo carattere offensivo, che esclude la reattività. L’auto-scioglimento dell’SPK il 13 luglio 1971 fu una tale pratica di attacco da una posizione di difesa.
La iatrarchia tentò di riconquistare con la violenza delle armi il terreno strappatole attraverso lo sciopero della fame attuato collettivamente dai pazienti sin dal marzo del 1970, ma sopra tutto tentò di riconquistare i corpi dei pazienti per "ricondurli prontamente al trattamento che meritano e di cui hanno urgente bisogno in quanto erbaccia che non si deve sopportare ulteriormente."
Ma quando arrivò il momento, la iatrarchia non riusciva né a vietare l’SPK, né a trattare qualcuno coattivamente, e neppure a impadronirsi dei corpi o a riempire cartelle: poiché le cartelle, gli schedari e le altre note, fatte e usate dall` SPK, furono introvabili, e la magia misurante fu così ridotta a ipocrisia, e la violenza valorizzante a malattia.

Dovunque negli anni successivi la iatrarchia segnata dall’SPK cercasse di guadagnare terreno, venne percossa dalla malattia risorta nei corpi dispersi in tutte le direzioni, che non era riuscita a riconquistare. Cliniche, auditori, cattedre e la relativa proprietà privata di beni immobiliari, senza dimenticare i seggi in Parlamento e le carriere di partito, a Heidelberg come a Bonn, a Berlino come a Karlsruhe, SCOPPIARONO. Alti funzionari di polizia e giudici, resisi attivi come appendici vermiformi della iatrarchia, si videro collocati a riposo. L'uno o l'altro perfino per l’eternità.

I 150 metri quadri di spazio che l’SPK dovette cedere di nuovo alla iatrarchia quando questa irruppe con 800 funzionari di polizia, mitragliatrici, cani sanguinari, autorità sanitarie nelle stanze vuote dell’università, dove supponeva che ci fossero anche bambini, sono abbondantemente compensati: con la perdita di terreno da parte della iatrarchia; perdita cioè a svantaggio della iatrarchia non soltanto dei 150 metri quadri bensì dei 150 metri quadri elevati al quadrato.

La patopratica consistette qui nell’auto-scioglimento. Gli incartamenti e le cartelle, questi marchi a bollo "naturali" dei pazienti, scomparvero. La malattia aveva trovato il metodo per tradursi attraverso la patopratica in linguaggio ed efficacia.

In quanto forza elevata a potenza, ripiegata in sé, che pone limiti e apre spazi, la patopratica acquista una portata proprio quando è spinta dalla iatrarchia su un’estrema difensiva. Indipendentemente dagli strumenti tecnici di cui si serve, essa resta offensiva fintantoché la malattia è sostanza di questa riflessione.

Al vertice dello spiegamento del suo potere, il potere violento della classe medica (Heilsgewalt) è l’effettiva impotenza: sfrenata violenza della natura in condizioni di auto-catalisi.

Inondazioni d’acqua e febbre da consunzione nella tortura dell’isolamento e dell’alimentazione forzata sono prodotti d’impotenza dello stesso potere violento della classe medica (Heilsgewalt) che fece incenerire e affogare gli eretici quando il fuoco e l’acqua richiamarono magicamente l’inferno e il cielo ancora per mezzo del purgatorio e del battesimo. Oggi la iatrarchia esegue l’annegamento e l’incenerimento dell’eretico direttamente, e cioè medicalmente, ma non perciò meno magicamente. Essa annega il carcerato nel suo stesso liquido corporeo (edemi polmonari, cerebrali e via dicendo) e lo costringe a produrre un eccesso di ormoni tiroidei (TSH) per bruciarlo, e di ormoni adiuretici (ADH) per annegare dall’interno, nella loro stessa urina, i tessuti corporei. Il milieu intérieur diventa così l'esterno totale. L’intero corpo del carcerato diventa un unico marchio a fuoco e un marchio acquoso (‘filigrana’). Se, ai tempi dell’inquisizione classica, i corpi degli eretici da bruciare o da annegare erano ancora sottratti alla percezione dietro il fuoco e il fumo o sommersi dall’acqua, oggi ciò vale soltanto ancora per i luoghi di produzione (per i laboratori) (Werkstaetten) non più per i luoghi di effettuazione (Wirkstaetten), non più per i corpi scorticati.

Infatti, i luoghi e gli strumenti di produzione del potere violento della classe medica (Heilsgewalt) non sono di questo mondo. La componente di violenza della iatrarchia va di gran lungo oltre tutto ciò di cui la violenza della natura è capace nel suo stato originario.

La quarantena (deprivazione sensoriale, etc.) nella cella d’isolamento equivale alla permanenza nello spazio privo di gravità; la componente terapeutica, nelle condizioni di tortura d’alimentazione forzata, equivale alla dieta degli astronauti, il cui effetto, specificamente dinamico, è però olio sul fuoco della consunzione e acqua sui mulini della formazione degli edemi.

Il potere violento della classe medica (Heilsgewalt) rivela qui la sua tendenza generale: tornare in ogni futuro all’arcaicità più lontana. Ma ciò cui si mira non è l’anfibio che supera la barriera tra mare e terraferma. Si tratta del potere violento della classe medica (Heilsgewalt) in quanto tale che si accinge a scuotersi di dosso la MALATTIA, il suo limite assoluto, per diventare universale come biotecnologia.

Nella patopractica però la malattia si contrappone fin dall’inizio alle capriole cosmiche del medico come il suo limite impenetrabile. Essa strappa il potere violento della classe medica (Heilsgewalt) del suo ormeggio, non appena si accinge, come un insieme di forze (Kraftwerk, cosidetta centrale di energia) raccolte nella patopratica, a logorare, in un corpo a corpo, il corpo del medico, la corporazione medica, in altre parole: la luogotenenza del nulla che annichilisce (Platzhalterschaft des vernichtenden Nichts). Poiché non è che la malattia e la iatrarchia si scontrano solo duramente nello spazio. Anzi, la patopratica è la malattia che fa esplodere gli limiti, e come tale essa strappa il corpo al campo di operazione tattico della iatrarchia.

Per riuscire in ciò il patopratico deve anzitutto assumere il punto di vista del paziente e rintracciare in ogni tipo di isolamento la iatrarchia misurabile in unità di quarantena. Dal punto di vista medico l’unità fondamentale della quarantena ammonta, come dice già il nome, a soli quaranta giorni. Ma nel contesto cui facciamo riferimento qui si tratta di 41 x 40 giorni. *

* La persona di cui si parla qui e in seguito è  Huber PF/SPK(H) WD,  Dr. med., ass. prof.,

La iatrarchia è fin dall’inizio eccedenza (pleonasmo), potere e violenza, morte e magia, sconfinatezza (letteralmente: illimitatezza) e impotenza. Impotenza di partecipare alla quarantena, sconfinatezza nello spingere avanti la quarantena fino all’esecuzione.

Da questa parte malattia in aumento, dall’altra ["extra muros"] un potere violento della classe medica che non lascia alcun imbroglio, che non tralascia alcun trucco per incassare ciò che essa pretende di comprendere come malattia. Incassarlo, e sia all' ultimo, sulla tavola dell’autopsia, se non può fare diversamente (così il medico carcerario, Dr. Henk all’infermiere, il quarantesimo giorno di sciopero della fame nel 1973 a Stammheim: "Se non si lascia visitare da vivo, lo faremo sul tavolo dell’autopsia").

Tuttavia, a ogni gradino della quarantena, la malattia è abbastanza forte per far rimpicciolire di salute la tattica del potere violente della classe medica riducendola al tatto medico, per annientare la iatrarchia.

Primo gradino: deprivazione di movimento e percezione, 1971 -’73, portata avanti alternativamente, come i bagni caldi e freddi, fino alla totale interdizione del contatto dal 1975 al ’76, in più dimezzamento delle razioni ("dieta zero") dal maggio del 1975. Questa fu la tattica medica del potere e della violenza. Proposta di trattativa nel 1972: la malattia va volontariamente nel manicomio e in cambio ottiene che le venga risparmiata la detenzione (si vedano gli atti della polizia politica riguardo alla tattica del "Circolo degli psichiatri progressisti di Mannheim").
Questo fu il tatto medico.

Ultimo gradino: dal maggio 1975 diminuzione delle semirazioni. Non era ancora messa in atto l’intera tattica medica. Venne poi ad aggiungersi che il personale del carcere impiccò per il collo bambole di pezza. La programmazione tattica da parte medica fu così camuffata con la magia di un’esecuzione simulata, allo scopo di spacciare l’omicidio per suicidio.

E questa fu la patopratica liberatrice, principio del movimento puntato sullo scontro con il potere: dal novembre del 1975 sciopero della fame, che nel frattempo le viscere, contratte di malattia, integrarono spontaneamente con lo sciopero della sete.

Seguirono 82 torture dell’alimentazione forzata in 71 giorni. Nei mesi successivi il tasso di glicemia oscillava tra 0 e 30 mg%, mentre dovrebbe essere di 120 mg%. "Ispessimento del sangue". "Diminuzione" della colesterina e del potere coagulante. "Limitazione drastica" della funzione ipofisaria. Peso corporeo "inferiore di 15 kg alla norma regolare".

E ciò malgrado il fatto che il potere violento della classe medica aveva ficcato notevoli quantità di dieta da astronauta nello stomaco, attraverso il naso. Essa operava in un ufficio della fortezza Hohenasperg. Durante la tortura di alimentazione forzata, quest’ufficio rivendicò addirittura il diritto di essere un reparto chirurgico di trattamento intensivo. Inizialmente la sonda che si faceva passare per il naso era così grossa che quando veniva ritirata fuori era pieno di sangue. Il dosaggio degli psicofarmaci che avevano mischiato di nascosto alla ‘dieta’ era più che eccessivo: crampi, malessere, bocca asciutta, vertigini.

Ma nel frattempo la tattica medica si era rimpicciolita di salute riducendosi al tatto medico, la iatrarchia era naufragata dinanzi alla patopratica, la tattica medica di deprivare tutto si era sfracellata dinanzi all’attacco condotta dalla malattia. Il medico, come padrone della tortura, aveva accuratamente scelto luogo e strumenti, compresi i servi addetti alla tortura. Ma quando avevano trascinato a bastonate il corpo legato del patopratico al banco della tortura, il medico si trovava, dietro porte ben chiuse, colpito dalla malattia (gekraenkt), in lacrime, e fumava una sigaretta dopo l’altra.

Verso la fine, sadismo, amore e compassione erano esauriti. All’ordine del giorno era la malattia. Si estese anche al personale. Si accatastarono i certificati di malattia diagnosticati dai medici. E la tortura dell’alimentazione forzata ormai fu eseguita solo sporadicamente.

Là dove vi è resistenza dei pazienti, la patopratica può far leva. Dunque anche dietro i muri delle cliniche. Ciò che conta è clinicizzare (klinisieren) e criminalizzare la iatrarchia dall’esterno. Bersaglio della clinicizzazione attacando con categorie mediche (Klinisierung) è il complesso giuridico, bersaglio della criminalizzazione è la medicina. In tal modo la iatrarchia si può e deve spaccare. Il potere viene riarcaicizzato a magia, la violenza a "valore" insano (!).

Il paziente del manicomio rifiuta senza compromessi di prendere qualsiasi medicina. Fa trasmettere alla direzione una dichiarazione scritta secondo cui denuncerà il medico per lesione personale gravissima in caso di trattamento forzato.

Prima o poi la giustizia agirà apertamente in modo medico e il medico scopertamente in modo criminale. La malattia è dunque riuscita a spezzare la compagine di valori (Wertgefuege), l’intero imbroglio fragile della iatrarchia in un importante punto di sutura, è riuscita a ritrasformare i giuristi in casi clinici e i medici in bianchi cani sanguinari.

A questo proposito un esempio: dall’ottobre del 1976, 14 pazienti che si trovano rinchiusi in manicomio fanno uno sciopero delle medicine. Pazienti del Fronte, fuori dei muri, vennero a sapere di essere spiati in ogni loro movimento da un appartamento segretamente affittato per quello scopo, per mezzo di apparecchiature portate su un camion. Il primario psichiatra, debilitato dalla resistenza dei pazienti e tenuto in scacco dalla malatttia scatenata, aveva convinto il competente ministero della giustizia che era urgentemente necessario ai fini di una diagnosi del comportamento attuare un rilevamento preventivo e la memorizzazione meccanografica della resistenza "affermativa della violenza" dei pazienti al di fuori dei muri.

Il Parlamento e la stampa non ebbero niente in contrario.

In seguito a ciò, il giorno di San Valentino, un paziente andò a distribuire fiori nelle strade e negli edifici pubblici. Com’era da aspettarsi, la polizia lo arrestò temporaneamente a causa della sua tonaca. Stampa e clero svolsero indagini ovunque venisse richiesto e provocarono alla polizia uno scandalo immenso. La cosa non aveva infatti nessun riferimento politico evidente. Ma gli informatori dei bianchi cani sanguinari stivarono il loro ciarpame diagnostico in furgoni e sparirono in fretta e furia. Il loro nascondiglio era irreparabilmente saltato [geplatzt].

Da allora i due avvocati che lavorano a fianco della resistenza dei pazienti sono sempre più insistentemente minacciati di Berufsverbot. E’ stata avviata una procedura davanti alla Corte del Consiglio dei Magistrati e Avvocati per offesa alla giustizia (Ehrengerichtsverfahren wegen Kraenkung der Justiz). A costituire questa offesa bastarono undici "ingiurie" in quattro anni: tra l’altro il fatto che scrivano "manicomio" anziché ospedale psichiatrico, che attacchino la giustizia come "vermiforme appendice della violenza medica" invece che solo come monopolio statale della violenza, e così via.

Il posto [Platz] dei due avvocati al fianco dei pazienti resta. Resta sbarrato per la iatrarchia.
 

Iatrarchicamente pura (HEILsgewaltig rein) dalla patotopratica sembra invece, nella ottica dei pazienti, il tafferuglio finora fatto per le centrali nucleari e la distruzione dell’ambiente naturale. Gli avversari hanno in testa la loro salute individuale, cioè in realtà la vita sfruttata e trasformata in valore, la vita violentemente soffocata, che non è vita: bensì è valuta di morte sui campi di battaglia (Walstaetten)* dell’attuale potere violento della classe medica (Heilsgewalt).

* Ancora molto prima di noi, persino gli esperti interessati dell’indagine 
  etimologica si avrebbero potuto stupire di tale nesso etimologico: che si 
  tratta di cadaveri, che qui comunque non sono il nostro tema. Secondo la 
  radice indo-germanica dunque, tutto quanto, vuol dire ogni “-wal”, ogni 
  valore, cioè ogni “-wert” e ogni “Ver-wal-tung (amministrazione)”, ogni 
  “in-val-ido” non è che un accessorio (requisito) da obitorio. Dal punto 
  di vista della Iatrachia, che domina con potere assoluto, nel percorso 
  di tutta la storia reale, la vita dunque, dalla culla alla tomba, si 
  riduce per esempio all’obbedienza cieca di un cadavere (Kadavergehorsam). 
  “Amici, la vita è valorosa e merita di essere vissuta!” Davvero? E il 
  Vostro orgoglio, la Vostra dimenticanza di sbarazzarvi di questo giogo, 
  per poter parlare poi, per la prima volta, della libertà? sì, dov’è andato 
  a finire, il Vostro orgoglio? Su quale “Walstatt”, in quale fabbrica di 
  adattamento, in quale urna elettorale, in quale urna “liberale-democratica” 
  della “Vostra” “elezione” “secreta”? Il secreto è: non vi è alcun secreto!
(Annotazione 2002)

Nella testa degli autori e dei responsabili c’è la salute universale, la stessa idea cervellotica biologistica-nazista. Entrambe le parti poggiano oggettivamente sulla stessa etica medica raddoppiata, su un dissidio che nessun medico confrontato con la patopratica sopporta: poggiano sulla sostanziale incompatibilità di benessere dell’individuo e salute del popolo. Entrambe le parti hanno i loro medici e sono sottomesse alla loro magia. Entrambi i campi hanno riguardo per la "salute" e glorificano il potere violento della classe medica. Il medico è temporaneamente ancora colui che li distoglie dalle loro preoccupazioni per la salute, un Superentsorgungsanlage (senso doppio: super-impianto per rimuovere detriti radioattivi e super-instanza di consolazione). Tuttavia, sottobanco, egli è già anche l’applicatore della biotecnologia, il coltivatore (Zuechter) che forma materiale umano sano come un pesce e duro come l’acciao dei Krupp da frammenti di cristallo e di colicromosomi sintetizzati; è il domatore e castigatore (Zuechtiger) che taglie, stracuoce e avvelena, sconfina e debilita cervelli e flussi cerebrali, l’ipnotico e l’ipofisario.

Chi attacca però nel moralizzatore etico dell’assurdità (Ethiker der Absurditaet) o in colui che applica la scienza ed è responsabile della biotecnologia, il medico, a costui non toglie solo la fiducia. Lo separa anzitutto dalla malattia quale giustificazione e pretesto dell’operato medico, in breve: egli toglie il terreno sotto i piedi alla classe medica e con ciò lo offende mortalmente (kraenkt toedlich). E il medico, dal suo canto, costretto a retrocedere e a trovare una scappatoia, parlando di biotecnologia e di etica medica, fornisce senza volere un contributo decisivo alla resa del sistema e della sua classe. In analoghe difficoltà si mise l’aristocrazia ai tempi della rivoluzione francese nel 1789. Quando i diseredati chiesero ragione all'aristocrazia, essa, a prova della sua discendenza di sangue blu, potè ricorrere soltanto alla biotecnica, allora l’allevamento di animali. Non diversamente era successo al clero con la sua etica in materia di grazia divina marca produzione propria. Fu questo l’inizio della fine.

Sia in quanto applicatore della cultura medica, sia in quanto stornatore dei danni alla salute: è la classe medica; ed è solo prendendo di mira la classe medica che le centrali nucleari possano diventare un campo d’attacco op-posto (gegen-staendlich), che le biotecnologie possono essere distrutte, e che la violenza e il potere possono essere fatti cadere. L’attacco alla classe medica fa centro se e poiché si combatta con e per la malattia.

Poiché la malattia ha come il suo momento torcente la forza (Kraft ist das Drehmoment der Krankheit, Krankheit hat Kraft zum Drehmoment), la malattia è la forza che supera e si estende al di là di tutti i limiti, di tutte le barriere, al di là di materia, energia, spazio e tempo: accelerazione assoluta, velocità della luce, dentro come fuori, astratta dal punto di vista fisico quanto concreta dal punto di vista della società intera.

La forza non è illimitatamente massa moltiplicata con accelerazione (F = m · a), non è niente di meccanicistico, niente di meccanico, nemmeno nella fisica non è più a casa. La patria del vero vigore, che graffa inseparabilmente forza e limite: i.e. centrale a-tomica, è la malattia. Il resto è nel migliore dei casi pretesto per tecniche politicamente camuffate di una progressiva presa di potere totale, ed è, fin dall’inizio, iatrarchia.

Dunque: vicolo cieco o patopratica.

Applicare la malattia. Rendere la malattia offensiva, offendere attraverso la malattia (kraenken, verbo derivato dal sostantivo Krankheit) - se stesso, chiunque altro, con che cosa, per che cosa – è di questo che si tratta qui. I fondamenti strategici relativi si trovano in LA IATROCRAZIA SU SCALA MONDIALE. Sui nessi politici, economici e teorici orientano come punti di gravità le quattro documentazioni dell’SPK, oltre al libro SPK - FARE DELLA MALATTIA UN’ARMA. Lì si trattava sopra tutto dello iatrorazzismo e dell’espropriazione della malattia. Qui si tratta di far avvenire la malattia, cioè di realizzare la malattia.

Ma può la malattia far altro che offendere? Se non si utilizza il verbo kraenken (rendere la malattia offensiva, offendere attraverso la malattia) come parola vuota di contenuto, bensì come attività unitaria, piena e compiuta, un' attività che si realizza attraverso la malattia, allora offendere attraverso la malattia (kraenken) è una realtà colma ed efficace (randvolle Wirklichkeit) (pure Wirksamkeit, Aristoteles). Efficace di volta in volta fu soltanto ciò che continua ad offendere attraverso la malattia.

A questo proposito il seguente cenno: Sospetti di malattia, o almeno gravidi di materialismo, sono tutti i processi riferiti al accoppiamento, alla nutrizione e alla percezione sensoriale (Gattungs-, Ernaehrungs- und Sinnesprozesse), tutti questi "casi limite", in breve: tutto ciò in cui c'è di male (alles Schlechte), per non dire di sessuale (Geschlechtliche) (cf. malattia, maladie). E ciò addirittura da un punto di vista medico-filosofico e quindi "sano" (vedi in V. von Weizsaecker, oppure in Ludwig Feuerbach).

Senza malattia non c’è mondo, non c’è realtà, e non c’è orientamento. In tutti gli esempi recenti qui menzionati ciò che offende, ciò che fa della malattia un avvenimento, ciò che la realizza, non è nient’altro che il confronto a corpo a corpo nella quarantena in carcere e in clinica, un confronto, offensivo di malattia, diretto contro il medico. E ciò fin dietro i muri, cioè attraverso i muri.

Là dove questo confronto diretto manca o viene aggirato, non c’è niente da fare, vuol dire nulla è possibile con la malattia. Essa non offende, non diventa offensiva, ma si estingue di salute: essa partecipa all’eterna morte del processo di valorizzazione capitalistico. Essa è perduta, è del medico. Il medico è esecutore, prodotto e amministratore della malattia moribonda. Valore che dà forma a tutto (alles ueberformender Wert), arché tes archés (Aristotele, figlio di medico!), egli è fabbricatore universale in materia di morte. Il luogo del confronto corporeo viene occupato dal libero giuoco dei valori, che è gioco arcaico, metafisica manesca, ma che come prima si usa determinare come violenza, e con ciò lo si sotto-determina. Al posto dell’ avvenimento subentra il potere. Il potere, inteso correttamente, è la salute come fatto artificiale (e non c'è altra!), il gigantesco artefatto spettrale; non è avvenimento bensì espropriazione della malattia offensiva (Enteignung der kraenkenden Krankheit). La "violenza" è, in contrasto con tutte le regole della fisica, il potenziale di valore di questo potere. Il potere, al di là della sua sopravvalutazione, non fa – proprio nulla.

Ogni produttività deriva dalla malattia. Così anche il caso (Zufall) e gli scarti (Abfall). Ad ammazzare l’uomo sono lo spazio e il tempo, così potrebbe pensare il medico persino richiamandosi a Hegel, e che va a fare? Va a prescrivere la quarantena. Se la via d’uscita dalla tortura, però, è lastricata con medici spezzati, allora la malattia è stata più forte.

Le conclusioni patopratiche di questi fatti si traggono da chiunque cancelli dal suo vocabolario le parole violenza e potere, da chiunque sappia che la iatrarchia prende il posto di potere e violenza e che, di conseguenza, trasformi la parola in antagonismo, renda attiva la malattia e distrugga la iatrarchia, invece di reagire al potere e alla violenza anche solo con il pensiero.

Ci sono modi antichissimi di reagire alla malattia, e ve ne saranno ancor più antichi.

La guerra, la più antica iatrarchia, risale a più di sessantamila anni fa. Il centro mondiale di consulenza genetica, iatrarchia ancor più antica, sarà perfetto, ma soltanto a partire dell’anno 2000 circa.

Nel frattempo la malattia se l´è sbrigata (verkraftet) con lo stato primitivo della proto-storia (Ur-staat), con lo stato di Ur, con il potere di stato e con le superpotenze, con il commercio mondiale e con altro ancora, sormontandoli tutti quanti.

La Malattia non se l´è soltanto sbrigata con essi, ma anzi li ha generati come suo prodotto e come suo contro- progetto (im Gegenwurf hervorgebracht). Ma cos´è ancora di più e che pesa di più, poiché rende tutto più facile: essa diventa principio onnipresente del cambiamento rivoluzionario, diventa cioè sesso umano (menschliches Geschlecht).

Non perché le cose vadano più "umanamente", ma a delimitazione della iatrarchia e nell’avvenire patopratico della malattia in ogni connessione. Fino alla solidarietà ubiquitaria nella malattia, una solidarietà che include veramente tutti, include quindi la società intera. Questa solidarietà è forza di tensione nella disunione (Zerrissenheit), intensità che passa da parte a parte, troppo intensa per essere ancora "umana". Troppo umana per degenerare (Zu human, um aus der Art zu schlagen).

Infatti, il processo di crescita e di rafforzamento continuo della malattia sta per aggiungere alla iatrarchia, per vincerla, una nuova variante: il sesso clonico (unmenschliches Geschlecht).

Di fronte a questa variante della iatrarchia, poteri, violenze e guerre sono solo mosche effimere, atavismi, saltuaria ricorrenza, complessivamente priva di conseguenze, di ciò che, considerato dal punto di vista medico, era maleducazione o mancanza di tatto degli antenati, e che sarebbe una mossa falsa e, infine, inefficiente persino come una nuova guerra mondiale.

Infatti, dal punto di vista patopratico, cioè in realtà, la guerra, a partire dalle lotte tribali più antiche, era iatrarchia, un’arma micidiale contro la malattia nelle mani del mago "di turno", era violenza del salus (HEIL) (Heilsgewalt) contro la solidarietà che sorgeva nella malattia, mezzo di riproduzione del potenziale di valore archiatrico (violenza che si estese da Walstatt a Walhall) e del suo effetto di salve (HEILswirkung) (magia), che consistette e consiste nell’inversione dell’offesa fusionante della malattia (Verkehrung des fusionierenden Kraenkens; fusionierend: cf.. J.-P. Sartre) in retroazione e reazione, nella disposizione del morire in solidarietà.

Le più recenti ipotesi fondate sull’etnologia (cfr. P. Clastre), con pretese di critica fondamentale, secondo cui guerra e aggressione impediscono la formazione di un ordine sociale di valori (sistema dei capi tribù e via dicendo) mentre lo stato e l’economia impedirebbero a loro volta le guerre e, di conseguenza, promuoverebbero la formazione di gerarchie, non possono tuttavia evitare di nominare esplicitamente lo sciamano quale innesco iniziale di questi decorsi sociali. Del mezzo propellente di questa catena di reazioni, però, sia esso la malattia oppure … - ma può essere altro che la malattia, dato che vi si riferisce allo "sciamano"? -, neanche una parola. Bensì si accenna marginalmente alla patologia sociale marca "popolo senza spazio" ("Volk ohne Raum").

Un esempio dunque di neomaltusianesimo iatrarchico nel complesso dei reperti che, dal punto di vista patopratico, non sono neppure teorizzabili, e quindi nient’altro che insinuazioni seguendo il filo conduttore dei diversi modelli di salute che si succedono l’uno l’altro. Ma, come già detto, è finita con la guerra santa, la guerra che divenne salvezza in quanto risolse i problemi dei ‘salvatori potenti’, dei potenti del HEIL. Ed è finita anche con il malanno (Unheil). Considerato il tutto per il tutto, il potere non può più fare niente, e anche la violenza possiede il suo valore soltanto ancora di nome.

Tempi duri per gli epigoni di Nietzsche se la iatrarchia non può più nascondere la sua sembianza (Schein) reattiva alla malattia, se la malattia è riflessiva, doppia affermazione. Tempi duri da intenerire i sassi per gli epigoni di Nietzsche, se hanno il diavolo in corpo a predicare la promiscuità con i cristalli e a mettere all´angolo il sesso umano come madame maladie, fingendo che essa fosse politicamente della destra. (... und das menschliche Geschlecht in Gestalt von Madame Maladie in die rechte Ecke zu stellen). E se essi, purtroppo per Nietzsche, preferiscono prostituirsi per la iatrarchia. Ciò è dovuto al fatto che non si vuole ammettere che è la iatrarchia che, da appena pochi secoli, è costretta dalla malattia a cercare la sua salvezza nella demonizzazione del sesso umano. Dove altrimenti potrà mai cercare la sua salvezza? (Il processo della produzione del genere passa attraverso la malattia, e ci riesce solo in questo modo). Il sesso clonico, infatti, non è ancora del tutto sintetizzabile. Il processo del genere non può ancora essere riportato nel brodo originario di materiale genetico cristallino, irradiazioni e correnti, scartando l’uomo sociale. (Il processo della produzione del genere passa attraverso la malattia, e ci riesce solo in questo modo).

In ogni caso, si danno da fare, già ora, per avviare questo processo. Persino senza elettrodo a pulsante.

Per mezzo della quarantena prolungata e con poco fatica il medico riesce ad accoppiare la gravità con l’assenza di gravità, la calura con il brivido e l’essiccazione con l’idropisia. E il miracolo metafisico sopravviene: gli elementi inumani figliano. Si moltiplicano come fossero impazziti. O come il denaro che si investe quando, quasi "violentemente", continua a moltiplicarsi e ad accumularsi, per covare plusvalore. Questo imbastardito gioco di sessi, una delle più recente conquiste della medicina, eppure se dietro di anni luce ed ére cosmiche rispetto alla storia dell’umanità, non è tuttavia soltanto per questo iatrarchia. Per essere salute pura – ciò è infatti un modo indispensabile della iatrarchia – essa non dovrebbe più avere la malattia di fronte a sé, tanto meno contro di sé, ma dovrebbe essere immune della malattia.

Chi ha capito, seppure superficialmente, la casistica esposta nella parte centrale di questo saggio immaginerà perlomeno che le cose non stiano affatto ancora così.

Ciò che contrassegna però come iatrarchia questo giuoco sessuale palesemente nazista degli elementi, giuoco che, esaminato più da vicino, è tuttavia stupefacentemente non ariano, ciò è il reperto medico "clinicamente negativo". Esso è non appariscente soltanto grazie all’azione della malattia. Prova ne è la possibilità della patopratica, auto-accoppiamento nella malattia offensiva e ri-umanizzazione nel superamento del sesso clonico (Der Beweis dafuer ist die Moeglichkeit der Pathopraktik, Selbstbegattung in der kraenkenden Krankheit und Wiedervermenschlichung in Ueberwindung des unmenschlichen Geschlechts).

D’altronde, se da parte medica possono o non essere rilevati dei reperti, ciò non ha niente a che fare con la buona o la cattiva volontà. Il medico ammette, del resto, e non mal volentieri, che guerre, campi di concentramento, galere, manicomi e i cosiddetti covi eversivi siano sani, comunque più salutari dei suoi sforzi. Perché ritiene che non sia lui ad essersi reso benemerito di questo tipo di violenza del salus. Del tutto a torto, del resto, secondo quanto è stato esposto.

Egli sa però, da più di trent’anni, che questo salus (Heil) viene minata da una malattia clinicamente inafferrabile, e cioè dalla malattia come tale che, a dispetto del denaro e delle buone parole, continua a prendere il sopravvento su esso (Krankheit behaelt die Oberhand). Si tratta del corpo della quarantena [non insano, bensì patopratico e marziale, in celtico: cranc (malato, krank)], del corpo della quarantena di cui si dice che "non ricorre più alle norme di comportamento che sono a disposizione di coloro che i medici definiscono malati".

La iatrarchia marchia a fuoco questo corpo come insolente, impertinente, rotto e ripugnante, perché confrontata con esso le manca il linguaggio tecnico in bocca. Questo caso interviene al più tardi quando il corpo della quarantena – stigmatizzando se stesso – si confronta in un corpo a corpo con la corporazione medica.
 

Contenuto:
La iatrocapitalizzazione del sorpassato nel sesso clonico (iatrarchia) (Verarztung des Ueberalterten im unmenschlichen Geschlecht).

Dialettica radicale della malattia e i suoi avvenimenti storico – dialettici (Radikaldialektik der Krankheit und ihre geschichtsdialektischen Ereignisse).

Metodo patopratico e implicazioni etimologiche.
 

PF/SPK(H)
Huber, 1977

 

Traduttore:

Kurd Ch. Schager, Dipl.-Angl., M.A.soc.ling. , PF/SPK MFE

Redazione finale:

Huber
KRANKHEIT IM RECHT