Il concetto di malattia sviluppato sotto tutti gli aspetti è il cordone ombelicale attraverso il quale l’uomo nuovo è connesso con la specie indivisibile

Il concetto di malattia completo

Se la forma e la materialità [Stoff] non fossero separate l’una dall’altra [aus-ein-ander] e poste l’una contro l’altra [gegen-ein-ander], non ci sarebbe affatto materia.
La materia è il concetto della continuità di forma e materialità, quantità, l’uno come l'altro [eins wie das andere], illimitata, senza origine né fine. Non c'è sostanza* senza forma, nello stesso modo in cui la forma, per quanto riguarda il suo contenuto [inhaltlich], deve essere presa da parte sua come materialità [Stoff]. Il materialismo è l’essere-uno-contro-l’altro [das Gegen-ein-ander] e l’essere-uno-separato-dall'altro [das Aus-ein-ander] tra le forze produttive e le relazioni di produzione, tra il lavoro e il modo di vivere.

* Aggiunta (Huber, 2005): qui non si parla del hypokeimenon aristotelico ma dell’identità dialettica tra sostanza e soggetto = movimento.

Il concetto dell’essere-l’uno-insieme-all’altro [Bei-ein-ander] e dell’essere-l’uno-per-l'altro [Fuer-ein-ander] è dialettica, e non è, in ogni caso, materialismo, cioè: è, se fosse concetto, materialismo dialettico.

C'è la materia solo come quantità, il materialismo solo come dialettica, la malattia solo come vita dell'essere-separati-gli-uni-dagli-altri e dell'essere-gli-uni-contro-gli-altri della specie e degli individui isolati. Il concetto di malattia è la vita nella sua indivisibilità, è l'individualità viva.

Anche il rispettivo processo della malattia riflette le specificità della specie [Gattungsspezifisches]. Vale a dire l’effetto dichiarato di quasi tutte le specie d’arma (Waffengattungen, termine generico per i corpi militari): rendere incapace di combattere. In ciò la morte quale specie universale sta individuando la vita spezzata uniformemente. La gravitazione generale (forza di gravitazione e vertigini) ri-accoglie la pressione e l’impatto, la spossatezza [Abgeschlagenheit] e i dolori agli arti nell’unità impenetrabile di abbattimento ("guerra batteriologico-chimica") e oppressione [Bedruecktsein] ("depressione"), se non nell’improviso mutamento di tensione esplosivo-detonativo della mania febbrile o della catatonia.
I tremori febbrili di freddo e di calore rappresentano l'unità di una vita avvelenata da radiazioni, o da qualunque cosa sia, di una vita che si trovi sulla via del delirio e del coma.

Per quanto riguarda la terapia, non c’è alcuna differenza. La suggestione e l'ipnosi mettono in evidenza e individuano [individuieren] le forme primordiali dell'universalità della specie simili alla natura [naturhafte Gattungsallgemeinheit], come la gravità e il calore, così come i sedativi e le tecniche di ibernazione (rilassamento, latino: de-tonazione e congelamento), lo shock terapeutico, la terapia provocatoria, sia mediante l'applicazione di sostanze pirogene (che generano la febbre) (vaccinazione, terapie con pirifer e trattamento anti-malaria (chinino)) come nel caso di sintomi di paralisi, cioè per mezzo di sovradosaggi tossici e delirogeni di farmaci, come ad esempio nei casi di psicosi, nevralgia, epilessia (malcaduco (derivata dal latino: caduta), morbus sacer: malattia sacra con pesantezza, capogiri e brividi tempestosi).

Specie divisa in se stessa o specie in relazione a se stessa, quindi Selbstbegattung (letteralmente: auto-generazione / auto-accoppiamento / auto-procreazione della specie), è così che Hegel chiama la malattia. E il militare e la medicina sono i ruffiani, andrebbe aggiunto. E certamente non solo per amore della completezza.
Creare l’individualtà collettiva viva – sempre intesa come indivisibilità – sarebbe il compito della specie umana, la quale però non esiste ancora. Salvo in ciò che una volta era programma comunista, comunismo programmato ("uno spettro si aggira..."), salvo che ciò avvenga come malattia concettualmente compresa [begriffene Krankheit], la quale sta estraneando l’auto-generazione morte e sterile della specie come forza esplosiva [in Sprengkraft entaeussert], ovvero i sostituti più elementari della natura senza vita, mascherati dalla diagnòstica medica come sintomi, fenomeni e fantasmi e dalla loro terapia come reazioni ed effetti collaterali ("reazione febbrile", "allucinazione elementare", "sensazione corporea di alienazione", "dolore fantasma" ecc.), e come tali riprodotti chimicamente, elettricamente e fotomeccanicamente, per offrirli in questo stato reale di aggregazione [wirklicher Aggregatzustand] agli autori ed amministratori privilegiati di una vita ridotta, condensata e compressa in un ambiente di vertigini, gravità, gelo/calore e morte, per il loro uso self-service [Selbstbegattung in Ueberzeugung, auto-procreazione della specie mediante procreazione e convinzione (Ueberzeugung, in tedesco: doppio senso: 1) procreazione, 2) convinzione, cf. propaganda, propagarsi)].

E’ proprio così: la specie [Gattung] – in francese: espèce così come especes: moneta metallica, denaro contante – si sta materializzando, diventa prassi nella specie umana soltanto nella malattia, e cioé non dalla materia da cui proviene la vita degli animali più primitivi, per non parlare della vita umana, bensì come rappresentazione della pseudo-corporeità inorganica generale che si sta sollevando contro coloro che, da migliaia di anni sapevano benissima sostituire la mancanza della specie umana con il denaro come sintetico sociale, quella pseudo-spiritualità [Pseudo-Geistigkeit] di cui si legge già negli Apocrifi che risieda dietro al distintivo di partito dell’animale [toro, tedesco: Bulle, doppio senso, sbirro, toro] che tutti quelli da cui bisogna guardarsi hanno scritto sulla fronte.

Di avere un concetto di malattia siamo stati sospettati relativamente tardi. Circa quattro mesi prima dell’auto-scioglimento del SPK (ritiro strategico), in occasione di una discussione con i rappresentanti di psichiatria sociale a Mannheim / Heidelberg.
Il sospetto che la medicina, lungi dal possederne forse un altro, non possiede affatto alcun concetto di malattia, è stato confermato completamente, sebbene con riluttanza e stupore da parte di rappresentanti di tutte le discipline della medicina, tra cui dei professori ordinati, circa una settimana prima dell'origine pubblica del collettivo dei pazienti, quando, durante l’ "audizione" [hearing] che avevano organizzato contro di noi, dovevano ammettere in pubblico che ciò che certificano e trattano non è la malattia, ma l’incapacità di lavorare, che quindi non praticano affatto alcuna medicina ma una specie di attività di fabbricazione di utensili, e precisamente dal puerperio al tavolo dell'autopsia.
Circa cinque anni prima, questa osservazione aveva fruttato a chi la presentò sotto forma di domanda il titolo d’onore "Saint-Just della psichiatria" – con intenti beffardi, naturalmente.

Ma anche al di fuori della psichiatria, ovunque dei datori di lavori e simili si erano rivolti a noi – per lo più per mezzo telefono –, e dove i pazienti stavano pensando ad alta voce, la malattia veniva ricordata prima di tutto come lavoro. Il resto aveva piuttosto l’aspetto di un guazzabuglio di elementi di vocabulario. E la stessa malattia aveva per primo e per ultimo il carattere e la funzione di una parola di lingua straniera [Fremdwortcharakter und Fremdwortfunktion].
Infine, durante l’inverno caldo della rivolta studentesca a Heidelberg (1968/69), la Facoltà di Medicina aveva collegato il lavoro e la politica in materia di malattia per mezzo di un Decreto della Facoltà di Medicina: soprattutto la psichiatria e i medici di famiglia degli studenti erano stati convocati a setacciare i registri della loro "popolazione di studenti ammalati" [Patientengut, i pazienti di loro proprietà] per individuarne gli studenti rebelli con un eccessivo numero di semestri frequentati. Così, insieme al lavoro, ora anche l’insurrezione rivoluzionaria era subentrata al posto del mancante concetto di malattia, e i ribelli dovevano essere denunciati, selezionati e catturati con il pretesto della malattia, per essere confinati in manicomi e carceri, ma ad ogni caso dovevano essere fatti sparire dall’università. Il suggerimento era giustissimo, ma proprio per questo motivo fu sabotato in modo così radicale che i suoi autori, per il momento, preferirono ritirarsi in smentite.

In questo modo il concetto di malattia, di cui non ne pensava nessuno con tutto ciò, comminciò a riempirsi elemento-per-elemento con contenuto ancora molto prima dell’origine pubblica del SPK. Le rispettive occasioni erano, in parte, più che poco appariscenti, erano più e meno paragonabili alle "petits perceptions" (Leibniz) di ogni giorno. Così, ad esempio, il primo baluginare del significato dell’alienazione nel contesto della malattia: Giro visita del capo medico (nel Policlinico), autunno 1967: Discussione del caso clinico su un livello scientifico elevato. Il capo: "Me sorprende che Lei parla così spesso di ‘esperienze di alienazione’ [Entfremdungserlebnisse] – quindi, non è che Lei sbagli, ma è davvero un termine psichiatrico, l’alienazione(!)?" Risposta: "Esperienze di alienazione, soprattutto le cosiddette corporee, vengono menzionate da Jaspers nella sua "Psicopatologia generale" sotto la voce Fenomeni, e oltre a Jaspers non abbiamo null’altro fino ad ora. Pertanto questo termine fa parte del’ armamentario diagnostico [ist verbindlicher Bestandteil des diagnostischen Ruestzeugs "]. Il capo: "D’accordo. Ma mi riferisco al termine alienazione, rigorosamente all’alienazione, che non ha origine nella psichiatria, vero?" Risposta: "No, è un concetto filosofico (Il capo tira un sospiro di sollievo – come mai) – Schopenhauer". Il capo, diffidente: "Oh, capisco, Schopenhauer --?" Risposta: "Anche in Hegel". Il capo (assente, distratto): ""Oh sì, oh sì." (lungo silenzio, mi ha guardato con uno sguardo penetrante – ma che diavolo ha? Ho ragione, vero ?!) "Bene, va bene, fermiamoci a Schopenhauer; beh allora, la filosofia, spesso ne abbiamo bisogno come scienza ausiliaria, è buono che qualcuno se ne intende; in psichiatria però ci si deve limitare, limitare alla disciplina". - (Risposta? Non più nessuna, perché è abbastanza ovvio: ascoltando "alienazione" - ha associato Marx, cioè comunismo. Sembra che ci sia qualcosa di vero, quindi, tenere la bocca chiusa, ricordarlo e darci un occhiata!).

Poco dopo alcuni studenti avevano distribuito un volantino sotto il motto "Riconosci il tuo nemico, riconosci te stesso. Mille battaglie senza sconfitta" per invitare gli interessati alla costituzione di un gruppo di progetto "Psycho".
Dopo alcuni incontri il nemico era stato riconosciuto e la sconfitta evocata. Gli iniziatori, probabilmente per la prima volta confrontati con la consapevolezza della malattia e rendendosi conto che loro stessi erano immediatamente coinvolti [mit eigenem Mitbetroffensein konfrontiert], avevano dimenticato tutte le intenzioni audaci in termini di "lavoro di base" e "Soccorso rosso", si convertirano in "psico"- flip-outs, e come tali da allora in poi si occupavano di registrazioni di video, viaggi LSD, attività di autoconsapevolezza [self-awareness], ma soprattutto si erano impegnati in attività di "massaggio del viso" cioé facendo frequenti visite negli uffici e le anticamere dei servizi pubblici, non soltanto quelli professorali.

Che la malattia sia, dunque, una specie di anticorrossivo? In questo caso, non ci si smette di grattarsi. E quando la ruggine è finalmente diventata rossa, è solo dovuto al fatto che il concetto di malattia ha la sua origine nella carne e nel sangue, e precisamente nella propria carne e sangue. Nominalmente l’alienazione – che non sempre deve essere quel tipo di terapia che, come il nazismo, promette la redenzione del mondo dalla malattia uccidendo i suoi portatori – nel contesto della malattia ama molto mostrarsi essere umana, ragionevole, illuminata, comprensiva, razionale, politicizzata persino ancora in macropolitica, analitica in relazione alle classi sociali, anti-fascista, anti-revisionista, anti-imperialista e critica di ideologie e, se non può fare diversamante, auto-critica senza mezzo termini [beichtstuhlbrecherisch selbstkritisch], oltre che eroicamente solitaria.
Ma per preservare la sembianza della propria salute e freschezza di spirito, non esita ad impiegare dei sensi di vergogna e sentimenti con un dispendio di energie e costi che pare rivoluzionario, se si prende Marx alla lettera, e se lo si prende in parola, perfino rivoluzionaria nell’avversione contro il proletario [proletenwidrig revolutionaer].

All’inizio e in quel momento, però, si trattava semplicemente di affrontare il mite stupore che la barriera sociale, fin troppo ben conosciuta da ogni paziente, specialmente in connessione con la "psichiatria", era scattata un’altra volta. Solo che in questo caso non si poteva in nessun modo scomodare la mancanza di senso per spiegare quell’effetto. Dopotutto coloro che si tiravano indietro con orrore e sgomento erano proprio dei socialisti eruditi. Non tanto davanti ai pazienti quanto alla pretesa di appropriarsi della propria pazzia e del loro malcontento, e precisamente sotto forma di una decisione politica. Sta di fatto che a quel tempo dei compagni italiani, in ricerca di alleati tra i loro compatrioti internati, avevano occupato interi manicomi, e avevano fatto l’esperienza che una parte costitutiva della malattia consiste nella normalità, e precisamente quella normalità a cui erano stati addestrati, la cosiddetta personalità, che rendeva impossibile per loro a superare se stessi [questa espressione in tedesco: ueber den eigenen Schatten springen, saltare oltre la propria ombra].

Non solo che in tutto ciò la malattia rifletteva la politica e la cambiava, e che la coscienza attivata della malattia (coscienza di malattia, qui, sta per la prima certezza formale che la malattia è implicata nella relazione soggetto – oggetto) aveva convertito l’indifferenza in inemicizia. Non solo le solite raccomandazioni di mostrare comprensione verso i pazienti, raccomandazioni date al pubblico allo scopo di agevolare la cosiddetta riabilitazione, ma anche le raccommandazioni date ai pazienti di nascondere il più possibile il loro "status" e, dove ciò non fosse possibile, chiedere, sempre gentilmente con il cappello per mano, il bel tempo, si erano dimostrate essere pure sciocchezze, o tutt’al più una specie di trasferimento di colpa a scapito di coloro che non riescono ad adattarsi a ciò [questa espressione in tedesco: Umschlags-Haefnerei, trasbordo di merci a mo’ di Haefner, quest’ultimo lo psichiatra che si era distinto nelle macchinazioni e le intrighe tessute contro l’SPK].

La richiesta di appropriarsi della "propria" malattia mirava implicitamente alla politica dominante in materia di proprietà nel centro nevralgico della soggettività, e allo stesso tempo invocava un comunismo autentico, in cui ciò che conta per primo e per ultimo è l’appropriazione e l’implemento collettivo delle forze umane essenziali [menschliche Wesenskraefte], cioé la specie umana nella sua indivisibilità-individualità.

Tutte queste impressioni hanno contribuito, già durante queste fasi preliminari, a diffidare radicalmente di qualsiasi politicizzazione volta a una rivoluzione che deliberatamente ed esplicitamente, ma soprattutto con la scusa che erano in gioco questioni più importanti e, naturalmente, con il pretesto della politicizzazione stessa, esclude la malattia dalla prassi e dalla teoria con delle pacche sulle spalle degli interessati.
Negli spazi liberati del futuro SPK, inizialmente (nel marzo 1970) vi si occupava della questione quale via si dovrebbe seguire: approfondire la linea antiautoritaria o promuovere la "ricostruzione dell’organizzazione del proletariato"? Tutti i testi accessibili sull'anarchismo da una parte e sul comunismo di partito dall'altra, così come testi sulla psicologia materialista o politica, e anche sugli schizzi strategici, erano stati messi a disposizione e messi in discussione dovunque sorse il bisogno e dove era possibile e desiderato, nella situazione data della coscienza collettiva che si stava sviluppando lentamente.
Vi era un accordo unanime sul fatto che il dominio e il comportamento autoritario sia come istituzione sia come attualità non dovrebbero trovare spazio nel contesto della malattia. Era chiaro inoltre che l’anarchismo, essendo un movimento istoricamente e teoricamente assai incoerente, non poteva andare alle radici della malattia, tanto meno in considerazione della dialettica della sua riproduzione nel processo rivoluzionario. Torneremo su questo aspetto più avanti.

La teoria e la prassi coerente, rigida e per sé completa [in sich geschlossene Theorie und Praxis] del movimento operaio orientato alla rivoluzione, al contrario, con la differenza tra il lavoro salariato e il Capitale, tra il proletariato e la borghesia, che ogni volta e da sempre il movimento operaio ha dichiarato essere la "contraddizione fondamentale e principale" (a questo proposito, Marx era stato ancora relativamente prudente quando disse che, nel sistema capitalistico, sia i lavoratori salariati che i capitalisti sono entrambi – capitalisti, i quali devono vendere e capializzare delle merci. Il fatto che è sempre la stessa gente e la maggioranza che ci rimette può e dovrebbe portare alla rivoluzione. Che deve necessariamente portare lì, cioé direttamente e in ogni fase di questa contraddizione, ma dove ha scritto qualcosa del genere?), agli inizi del capitalismo sistematico aveva sicuramente una portata sufficiente per incorporare nel processo rivoluzionario l’impoverimento e l’immiserimento sociale allora prodotta.

Per noi e in considerazione delle condizione e circostanze prevalenti dalle nostre parti e oggi – un tasso crescente del profitto, le guerre imperialiste alias l’"economia libera di mercato", la "crescita sana" da un lato, e, dall’altro, omicidi e violenza (guerra fredda civile condotta dall’alto in basso, tendenza crescente alla violenza), un crescente tasso di suicidi, e, in generale, una crescente tendenza all’auto-medicazione, vi comprese le dipendenze refrattarie alla terapia al 98-100%, la crescente trasformazione dello strumentario dei sistemi di assistenza sociale e sanitari, una volta veementemente contesi, in un apparato di tortura, disciplina e istupidimento della classe operaia sempre più mutilata e esclusivamente orientata al concetto di lavoro salariato, tutto ciò su tutta la linea – per noi, quindi, sotto l’aspetto specifico della coscienza di malattia sviluppata fino a quel momento e non per ultimo in considerazione del fatto che noi, negli spazi liberati, potevamo contare su ancor meno di nulla, vuol dire, meno è di più, cioé potevamo contare solamente su di noi stessi, per noi, quindi l’identità della contraddizione tra lavoro salariato e Capitale sembrava essere stata tagliata troppo piccola dall’inizio alla fine.
A tutto questo si aggiungeva l’impressione pre-concettuale che il capitalismo dalle nostre parti (Germania), dopo la capitalizzazione di tutte le condizioni di vita dei contadini e dei lavoratori, non si era fermato davanti alla merce forza di lavoro, ma che ha messo in conto [verrechnen, includere nel conto, conteggiare] da molto tempo la sostanza inalienabile [unveraeusserlich] di questa merce, spesso inteso come corpo [Leib] quindi, per usare una metafora della fisica, l’energia come la base della capacità di lavorare, per estrarre profitto e che, dalle nostre parti, sta trivellando in ricerca della malattia come lo fa altrove per trovare petrolio.

Che quindi la legge di valore [Wertgesetz] non ha più soltanto la forma di una trasformazione equivalente nell’interrelazione [Wechselverhaeltnis] tra i mezzi di produzione e il prodotto, ma che ogni prodotto espropriato nel processo di sfruttamento è "arricchito", per non dire incomensurabilmente sovracaricato (cf. Imponderabili), con un fattore di valore X della malattia che viene generato insieme ad esso nella sua fabbricazione, un fattore di valore X che viene consumato ed estratto dalla "sostanza" e munto dal sistema medico.

Non è che questa esperienza empirica, come già detto, sarebbe stata necessaria per la sistematizzazione del concetto di malattia. In ogni caso, è passato in numerosi volantini [Patienten-Infos] scritti collettivamente che, in seguito, per la sinistra ortodossa erano divenuti il mantello rosso, l’unico con cui poteva essere fatta uscire dal riserbo e attirata sulla via tortuosa delle emozioni, della discussione impegnata e della decompensazione, avendo la sensazione di essere incline alla malattia essa stessa.

L’identità tra malattia e Capitale che noi avevamo contrapposto alla formula del lavoro salariato e del Capitale, era il secondo passo sulla strada delle comprensione concettuale della coscienza di malattia. Il primo passo, l’identità negativa tra malattia e lavoro (cf."certificato di incapacità lavorativa"), aveva già accostato il lavoro salariato vicino all’alienazione, anche se solo sulla base di impressioni come "carattere di parola strana" [Fremdwortcharakter*], e il mezzo di pagamento "certificato di ‘malattia’ " ovvero certificato di incapacità di lavorare.

* Fremdwortcharakter (carattere di parola strana o straniera): La malattia come unità di laboratorio e lavoro, dal Latino: labor. Troppo credito e onore si dà alla medicina concedendo ad essa che possieda un concetto di malattia sotto forma di un concetto di laboratorio, oppure rimproverarla che invece di possedere un concetto di malattia possiede soltanto un concetto di laboratorio. Le techniche di laboratorio sono solo una delle variabili al servizio della virulenza (nocività), di quella malattia che la medicina rappresenta nel suo insieme, altrimenti sarebbe rivoluzionaria.

Poiché nella realtà d’inganno (capitalista) la malattia e il lavoro si rapportano l’una l’altro come il fuoco e l’acqua, in quanto chi è malato non lavora, e chi lavora non è malato, mentre invece nel soggetto il lavoro viene ri-chiamato alla propria memoria [er-innert] e interiorizzato fino al punto di divenire "lavoro delirante" [Wahnarbeit] nelle cosiddette psicosi endogeni, e poiché la malattia è programmata nel lavoro nello stesso modo, e siccome sia l’indennità di malattia che il salario correspondono solo alla manutenzione della forza di lavoro, ai costi della sua riproduzione, si dovevano correlare solo le due componenti, cioé il lavoro salariato e l’alienazione l’una all’altra, mentre la malattia eludeva questa comprensione.
La conclusione tratta da questa riflessione speculare [Spiegelung, rispecchiamento] della malattia nella coscienza doveva essere precisata nel senso che la malattia, da un lato, e il lavoro alienato, vale a dire il lavoro e l’alienazione, dall’altro, reppresentano entrambi solo un momento del concetto (di malattia), e cioé quello della differenza, o più precisamente, quello dell’identità negativa.

Ma allo stesso tempo questo significava che la malattia poteva essere compresa in modo diretto solo dal lato del Capitale, e che questo doveva essere il momento dell’identità, poiché il concetto contiene oltre al momento della differenza solo ancora quello dell’identità.
Ma se la malattia è il costituente negativo del lavoro alienato contrapposto alla positività di malattia e Capitale, allora la malattia e il Capitale sono il momento della contraddizione (antagonistica) opposta al momento del lavoro alienato.
Devono essere separati nell’analisi, ma per risolverli devono essere riuniti nella pratica appropriata che deve essere individuata.

Fino a questo stadio il concetto di malattia era stato riflesso nel marzo del 1970. Di questa riflessione furono articolati e discussi, sulla base degli interessi attuali, solo le conseguenze per la linea da seguire e gli effetti sull’identità collettiva.

La malattia doveva diventare la categoria d’identificazione per tutti e in tutte le direzioni. Dall’anarchismo doveva essere preso il principio organizzativo "dalla periferia al centro, dalla base verso l’alto", il che significava per esempio nella "terapia" (d’allora in poi: agitazione), avanzare attraverso una comprensione la più ampia possibile della sistematica del Capitalismo tenuta a mente ("periferia") per arrivare alla malattia ("centro"), oppure – altro esempio – di entrare in contatto con altre organizzazioni e movimenti mono attraverso la loro base, a fine di attivare le coscienze di malattia e guidarle senza rotture verso la cuspide organizzativa (evitando così sia l’Entrismo che delle scissioni).

Per il resto abbiamo cercato di determinare ciò che deve essere definito (definizione come de-limitazione, Entgrenzung, liberare qualcosa dalla sua limitazione) non nella sua relazione alla "sfera di produzione" ma di anteporre a questa in certo qual modo, a causa della sua sola identità negativa con la malattia, i capannoni di lavorazione industriali più tipici come il sistema sanitario, il complesso medicinale e militare, e soprattutto i manicomi, come base e punto di riferimento centrale ("Il proletariato sotto la determinazione della malattia").

In questa fase della coscienza di malattia la scelta del nome "collettivo di pazienti" non era più soltanto un programma, ma piuttosto era un catalizzatore che aveva trasformato la "malattia di consunzione ed esaurimento" [Schwindsucht, la tisi, deperimento progressivo, diminuzione] che i nostri nemici ci avevano malaugurato ("che vi venga ...") nel suo opposto.

Per quanto riguarda il momento dell’identità delle componenti malattia e Capitale nel concetto di malattia, ci stanno dichiarazioni collettive sporadiche nel contesto delle attività del SPK, a partire dalla fine dell’estate 1970, come per esempio:

"Abolizione delle differenze specifiche del genere biologico e del genere sociale"

"Malattia: vita spezzata in se stessa"

"Kilopond metri, calorie, unità tossiche – forze della natura portate al potere esponenziale, ..."

"La malattia innesca esattamente quell’esplosivo che fa esplodere questo sistema che l’ha generata"

"La malattia è linea di massa".

Quindi, si trattava del processo della specie, della relazione tra la malattia e la specie nella sua universalità [Gattungsallgemeinheit] di forze inorganiche e individualità viva, vale a dire l’indivisibilità dell’"essere sociale dell’uomo in una società umana" (Marx).
Mentre l’identità negativa di lavoro salariato e malattia era evidente nei feticci dell’alienazione: certificato di malattia e laboratorio, l’unità della malattia e del Capitale doveva essere dedotta e resa accessibile attraverso il concetto del valore di Marx e dalla teoria della malattia di Hegel.
Quindi: il processo auto-accumulativo del Capitale (il plusvalore cova del Capitale, Il denaro ‘lavora’, G (denaro) => G’ (più denaro))* [scritto in tedesco: «Geld => Geld Strich’», fa rima con «Fetischlein deck dich» parafrasando la fiaba dei fratelli Grimm: Il tavolino magico, «tavolino apparecchiati» => «piccolo feticcio, apparecchiati»] e la Selbstbegattung** (auto-coppiamento, auto-generazione della specie) del decorso della malattia, nel senso di Hegel (la contro-"parte" della malattia non è la salute, ma la vita; la malattia è il processo della particolarizzazione, dello smembramento del singolo – cf. spossatezza [Abgeschlagenheit] , dolore agli arti, incoerenza ecc. – e delle totalità e mediazioni astratte ri-chiamate nella propria memoria [er-innert] e interiorizzate nel processo della malattia, le totalità e mediazioni astratte nell’essere-separate-l’una-dall’altra [Auseinander] e nell’essere-l’una-contro-l’altra [Gegeneinander] dell’ inorganico [des Anorganischen], come la gravità, la temperatura, l’alterazione tossica ed elettrica, in breve: la meccanica e il chimismo come "medianti" [Mitten, in mezzo, cf. in-betweeness] astratti raccolgono [auffangen] e unificano gli effetti dello smembramento e li portano alla crisi e oltre).

*Plusmacherei (Karl Marx). L‘avidità di plusvalore. Nota bene: soltanto gli organismi e le macchine sono in grado di funzionare e lavorare; o avete mai visto una moneta come tale a lavorare?

**Enzyklopaedie der philosophischen Wissenschaften, § 371ff, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 371 e seguenti.

Valore esteriorizzata con la forza e violenza interiorizzata dal potere medico, alienata contro ogni specificità di vita e specificità del genere biologico e sociale [Lebens- und Geschlechtsspezifitaet], e sia questa quanto primordiale quanto vuole: è questo il contenuto del processo della specie, ridotto al suo nucleo con la specie umana.
O, detto in modo poco più complesso: nel suo nucleo la malattia è violenza come sostituto (essenza surrogata) del processo della specie, che deve essere individuato a livello della società nel suo complesso, cosa storicamente necessaria e urgente sia nel presente che nel futuro [Substitut (Ersatzessenz) des gesamtgesellschaftlich zu individuierenden, geschichtlich dringend gebotenen Gattungsprozesses] dal momento che questo processo (della specie) è stato deviato sulla corsia opposta dalla norma di circolazione principale e fondamentale della cultura e accumulazione capitalista, la Selbstbegattung ovvero l’auto-generazione (del Capitale).

In questa intensificazione acuta il momento dell’unità essenziale della malattia e del Capitale s’inverte nell’estremo dell’identità astratta, contro cui la negatività di lavoro salariato e malattia – per la quale sta il termine: alienazione – non è che solo un riverbero [Widerschein], un riflesso, una riflessione [cf. Spiegelbild, riflessione speculare; Widerspiegelung, rispecchiamento] che ha la sua base materiale nel catalizzatore universale e pseudo-catalizzatore della società di scambio sintetica (artificiale) (Sohn-Rethel), cioé nel denaro.

La malattia, invece, ha la sua storia nella materia stessa, e precisamente come violenza solo in connessione con l’esplosività da cui la materia ha avuto origine, e in cui sta sboccando sia evaporando in modo acuto sia decomponendosi (putrefacendosi) in modo cronico (Come mai nel linguaggio popolare gli animali e le piante colpiti da malattia, in generale, si degradano e periscono, mentre le bombe, le persone, le granate e simili scoppiano o crepano. La malattia degli animali ha lasciato dietro di sé il processo della specie che in linea di principio per loro si è concluso. Crepa e scoppia cosa – come la materia – l’ha in sé, o chi‚ come l’uomo – lo si trova ancora davanti.
Nel decorso concreto della malattia del singolo isolato, il resultato della materialità del processo di auto-generazione della specie [Selbstbegattung] e della realtà di alienazione non è la violenza, ma la violenza alienata, la quale ha la sua barriera [Schranke] nel ciclo d’unità del producente e del prodotto (chiamata anche reificazione, Verdinglichung), trema in sé (Hegel), rimane eco, impotenza, svanisce, e non diventa in ogni caso il momento incitante [sollizitierendes (antreibendes) Moment] del processo della specie.

Nel gruppo basato sulla malattia, invece, il potenziale di violenza viene immediatamente esternalizzato sin dall-inizio: "Parliamo della malattia soltanto ancora in termini di violenza e contro-violenza", in questa abbrevazione – per non parlare di accorciamento – il Fronte di Pazienti, mesi dopo l’auto-scioglimento del SPK, pur non spingendo avanti con il concetto di malattia, ha comunque recuperato il momento centrale della prassi della sua preistoria (storia pre-concettuale). Poiché già quella prima forma di esternalizzazione aveva fatto saltare la barriera dell’alienazione, diventando una frontiera aperta in espansione contro la violenza istituzionalizzata alienata, e quella forma di esternalizzazione da parte sua non poteva essere istituzonalizzata, e questo significa sempre: non poteva essere soppressa e compressa sotto forma di merce. Non agli inizi, non dietro le sbarre e serrature, nemmeno per mezzo dei mass media (stampa) e dei tribunali (processi) – se si ricorda bene.
Ciò che, nel 1964, fu messo in circolazione con il sopranome "Saint-Just", e che più tardi, nel 1972, collando sopra – per così dire – un altro sopranome, fu rietticchettato se "Marat", era quindi impossibile diventare una merce, né come teatrino di quart’ordine né una storia di briganti. Invece, vi era la violenza alienata che procedeva davanti a dei banchi degli imputati vuoti e a dei posti degli difensori abbandonati per mesi e anni in un processo fantasmagorico [Gespensterprozess] con se stesso (teatro anticorrosivo e processo farsa di sicurezza dello Stato).

Quindi, era fallito il tentativo di individualizzare l’alienazione per mezzo della singolarizzazione e il confinamento in segregazione cellulare sotto il silenzioso occultamento e la ‘dispersione’ progressiva della violenza [nichts mit Ver-Einzellen-der Entfremdung unter still versandelnder Gewalt], com’è previsto nel decorso della malattia programmato dal medico; invece, sono stati i contesti di alienazione a disparire progressivamente nella scissione della loro divisione primaria [Entfremdungszusammenhaenge im Bruch ihrer Ur-teilung versandend], e la forza offensiva del collettivo ha preso forma concreta in primo luogo e proprio dall’individuazione della sua esternalizzazione, rivoluzione nella malattia, pazienti rivoluzionari.

All’atto di trasformazione della malattia in un differenziale, infinitesimale della specie (violenza esternalizzata) appartiene, naturalmente, anche l’aumento esponenziale del collettivo in ristrettezza costante [konstante Enge], con il risultato: vibrazione di risonanza a causa di una crescente densità di agitazione, invece di tremare in se stesso. E là dove i sistemi di communicazione dominanti offuscano l’atomizzazione e l’isolamento per rafforzarli nella Selbstbegattung (auto-generazione), ad esempio, come "allucinazioni e sensazioni elementari", "pensieri suggestivi ed idee deliranti nel contesto di sindromi paranoidi" ecc., per falsificarli scientificamente come crisi d’identità, là, dei circuiti oscillatori elettroacustici, foto-stimulanti e catalizzatori biochimici sono dei mezzi di trasporto a portata di mano che inimicano la sindrome paranoica al di là della esternalizzazione e l’alienazione [die das paranoide Syndrom … verfeinden].

Con ciò il concetto di malattia è stato essenzializzato, condensato e ricondotto ai suoi cinque elementi essenziali:

Al lavoro salariato e l’alienazione da un lato, cioé al momento della realtà, in termini della dialettica: la differenza.

Al momento pazienti rivoluzionari, in termini della dialettica: il processo

E al Capitale e la specie sull’altro lato, cioé al momento della materialità, in termini della dialettica: l’identità.

Chi sa che il concetto è a sua volta un momento nella dialettica: concetto [Begriff] - divisione primordiale [Urteil, giudizio] - conclusione [Schluss], sa anche quali saranno le prossime tappe. Così, per esempio, un momento della divisione primordiale era contenuto in anticipazione nelle esperienze intorno agli eventi riguardanti il "gruppo di progetto ‘Psycho’", e un elemento della conclusione negli eventi attorno all’auto-scioglimento del SPK. Nel primo l’annuncio dell’inimicizia totale (espressione per la politica), nel secondo la comunità nella rivoluzione basata sulla malattia.

Schematizzato secondo il concetto:

Capitalismo

Auto-generazione della specie [Selbstbegattung]

Pazienti rivoluzionari

Alienazione

Lavoro salariato

la malattia come funzione del Capitale è riflessione identica, cioé la distruttività che si sta trasformando in plusvalore [sich verwertende Destruktivitaet],

come funzione della specie è relazione identica, cioé auto-distruzione (in modo esemplare: omicidio = suicidio), in cui la distruzione generale, preposto come Capitale, raggiunge il suo risultato, la sua "espressione" individuale [Selbstbegattung, l’auto-generazione della specie],

come funzione dell’alienazione è riflesso nella differenza, cioé il dominio del prodotto sul suo produttore, elevato a potenza, è riflesso come violenza alienata sulla particolarizzazione e decomposizione nella malattia,

come lavoro salariato è una relazione negativa, una relazione nella differenza, cioé una relazione di esclusione reciproca tra malattia e lavoro salariato.

Supplemento (Conclusione e revisione)

Il concetto di malattia traeva la sua origine essenziale e si sviluppava dall’esperienza del lavoro salariato alienato, perchè era possibile spezzare la falsa coscienza seguendo il filo conduttore e punto focale della dialettica.

Per supporre che nel sistema di sfruttamento del lavoro alienato tutti siano malati basta conoscere poche nozioni basilari della fisiologia comparativa del lavoro. E’ noto che l’organismo umano, quando eravamo raccoglitori e cacciatori, era esposto a enormi sforzi. Però, lo era, tutto sommato, solamente durante una quarta o terza parte dell’anno. Il resto era occupazione, vale a dire attività creativa all’interno della totalità indivisibile delle relazioni sociali, senza la quale l’organismo umano non può esistere, e di cui il singolo essere umano sa che senza di lui a queste relazioni sociali manca qualcosa.
Lo ‘schiavo salariato’ [Lohnsklave, Marx], d’altra parte, dedotte le ferie e le vacanze, è esposto a degli sforzi per almeno la metà o tre quarti dell’anno che lo fanno invecchiare e rimbambire prematuramente, a parte e al di là degli effetti relativamente naturali d’usura e deterioramento.
E la totalità della vita, in cui potrebbe riprendersi e rigenerarsi, non esiste. Questa è una parte integrale dell’anno lavorativo.

E’ anche noto che un’analisi del carattere (W. Reich) condotta rigorosamente, in cui, a prescindere dalle reazioni comportamentali inculcate del paziente, si tratta di dissolvere manifestazioni nevrotiche sotto forma di tensioni muscolari ("armatura del carattere"), sta aumentando la capacità di rendimento, l’interesse e il comportamento motivazionale a un’intensità mai raggiunta prima. Solo che in questo "cambiamento essenziale del carattere" la compontene creativa prevale su tutto il resto in modo tale che ogni obbligazione vincolante di un processo di lavoro programmato, lavori stupidi, e socializzazione parziale [Teil-Sozietaet], pur con tutta la buona volontà, sembra non essere più possibile a lungo andare.

Nelle condizioni dominanti, e cioé dalle nostre parti dove non ci sono che malati, questo singolo che è stato curato in questo modo non è capace di vivere, piuttosto è diventato un malato agonizzante ‘curato’ ma senza speranza che vive tra gente incurabilmente ‘sana’ [ein todkrank Geheilter unter unheilbar Gesunden], qualcuno che agisce spinto dai suoi impulsi, un Triebtaeter nel senso originale del significato della parola. Secondo l’argomentazione di W. Reich, o viene ucciso nel’uno o nell’altro modo, o svilupperà una devozione a quel tipo di "terapia" che sembra essere atta di infliggergli esattaemente quella malattia che sia adatto a lui, una malattia che si addatta sopratutto alla malattia del suo ambiente, e sia questa pure l’alcolismo (ciò che viene ora dissotterrato di nuovo sotto l’eticchetta della "sofrologia" è l’analisi del carattere in estrema diluizione, per così dire un’omeopatia spirituale, quindi un compromesso, tutto a beneficio delle forze reazionarie e, in ogni caso, non è in linea con il progresso rivoluzionario).

Egli pagherà volentieri in anticipo il suo tributo al presunto progresso, anche in forma di una lunga infermità, soprattutto se si considera appartenere a coloro che vengono retribuiti a peso d’oro. Si è nuovamente ambientato nell’alienazione.

Per l’inizio dell’auto-organizzazione dei pazienti queste impressioni di seconda mano avevano l’importanza di stimolare gli impulsi del pensiero. Sorsero dei pensieri del genere: ci dovrebbe essere un modo di spezzare la tirannia del sistema del lavoro salariato nel caso speciale dei ‘guariti’ basato sulla solidarietà dei loro co-pazienti, o almeno di controllare e respingere le influenze di dominio che ne derivono, vale a dire le influenze di dominio da parte degli imprenditori, burocrati, colleghi (concorrenti) e persone di contatto ["Patientenkontrolle", "controllo da parte dei pazienti"], in misura tale da poter implementare e rafforzare le rivendicazioni vitali dell’individuo emancipato come criterio e modello predominante ("anarchismo dialettico").

La verità è che sotto la tirannia del Capitalismo è indubbiamente e in ogni circonstanza sempre "il paziente che ha ragione" (Laing). Era vero anche che tutto questo non aveva niente a che fare con la carità o l’altruismo, tanto meno con il conformismo, bensì con la liberazione nell’interesse della possibilità e capacità di essere in grado di vivere e con il principio che lottando per la libertà degli altri si estendono i limiti della propria libertà approssimativamente all’infinito (Bakunin). Persino l’inclinazione borghese o, meglio, piccolo borghese, assai sospettosa nel suo approccio, a un’emancipazione graduale verso singoli individui [Emanzipation hin zu einzelnen Individuen] era certamente già stata riflessa, e c’era un accordo che ce ne saremmo assunti la responsabilità, mettendoci il berretto da buffone, in modo autocritico, per così dire [auf die eigene Narren-Kappe nehmen, selbstkritisch sozusagen].

Sul concetto di malattia completo non si era ancora riflettuto. Non esisteva ancora un tale concetto. E non c’era nulla di sbagliato in ciò, perché in questo modo l’utopia della terapia individuale poteva essere correlata abbastanza presto al concetto di malattia embrionale, in particolare al suo momento di auto-generazione [Selbstbegattung], e l’utopia astratta poteva essere sostituita dalla tendenza a rivedere e a ripensare dialetticamente il processo di malattia, condensato e presente nel collettivo nei suoi effetti sulla violenza alienata, in base alle esperienze risultanti della vita quotidiana, per poter sviluppare almeno una specie di istinto collettivo per i punti nodali nel processo della rivoluzione [Umwaelzung].

In questo modo, le reazioni paranoiche esuberanti [ueberwertig paranoische Reaktionen], per esempio, della Facoltà di Medicina e di altri, vi incluso anche l’AStA [Allgemeiner StudentenAusschuss, organo esecutivo e rappresentativo degli studenti nelle università tedesche], sulle nostre interpretazioni della malattia non ci trovarono impreparati.
E’ vero che Marx, già nel Manifesto comunista, menzionava espressamente la classe medica proprio là dove rimprovera il Capitalismo per aver livellato il prestigio e la reputazione di tutte le professioni altamente stimate fino alla ridicollagine. Sembra, tuttavia, che l’orrore segreto di ognuno della propria suscettabilità alla malattia, se non addirittura i residui di danni violenti causati dall’ espansione e l’intensificazione della stessa malattia, nel frattempo siano aumentati a tal punto che questa classe feudale-atavica abbia persino guadagnato prestigio e reputazione, e questo solo grazie alla malattia.

Che ‘pende’ solo ancora proprio da questo filo, cioé quello della disposizione generale di spaventarsi della malattia quale nemico invisibile dentro di sé, e che, di conseguenza, già i primi tentativi di illuminare sui nessi e le connessioni reali avrebbero dato fastidio a questa reputazione, c’era da aspettarsi.

Persino la propaganda terroristica dei vari Streicher, Rosenberg e Goebbels in materia di malattie ereditarie, disonore razziale [Rassenschande], avvelenamento del sangue e del suolo poteva acquistare efficacia solo grazie al momento specifico di violenza della auto-generazione [Selbstbegattung] nel concetto di la malattia. Quindi, non c’è da meravigliarsi che la propaganda della malattia funzioni anche nella direzione opposta, cioé in favore della rivoluzione. E lo fa persino nel mezzo razionale della dialettica. Una direzione che, in contrasto con quella nazista, è giusta. Perché costringe allo stesso tempo la violenza alienata e strutturale a separare da sé precisamente quella parte di sé che è un sostituto della specie, cioé la socialità perversa [pervertierte Menschlichkeit], per così dire. E una volta che quest’ultima è stata esternalizzata è estremamente difficile revocarla e riaccoglierla da questa parte perché viene innestata sulla violenza alienata.
E i suoi amministratori non sono in grado di riprendersela senza dimenticare se stessi e del loro ruolo di classe che giocano, cioé senza ricadere fuori dalla loro classe, la classe dominante. Ma poi, non sono più i famigerati sentimenti di disagio che si insinuano su di loro. Ora sono offesi e feriti dalla malattia [gekraenkt] in un senso fondamentale e sono suscettibili di terrorizzare se stessi [Selbstbegattung, auto-generazione].

Pertanto le specificità autentiche della malattia [authentisch Krankheitsspezifisches], quindi, si trovano anche dietro le linee nemiche.
Era essenziale mettersi d’accordo sul fatto che questi risultati non avevano nulla a che fare con la nota massima: "Combattere il nemico con le sue stesse armi". Combatterlo e sconfiggerlo con la malattia significa colpirlo con un’arma che per lui, nella sua alienazione, è l’arma più strana, sconcertante e terrificante (per i funzionari governativi, dirigenti e capi la malattia è, nella loro alienazione, uno "spazio libero" [Freiraum] in più, mentre per gli altri è la perdita del lavoro forzato in libertà; è, nella sua tendenza, la massima eterodeterminazione che il sistema è in grado di offrire), a condizione che sia lui stesso a essere costretto dirigere quest’arma, che nessun medico può togliergli e di cui nessun medico lo invidierà, contro se stesso, constringendosi a giustiziare se stesso.

Inoltre, la malattia esternalizzata è anche lo scacco matto di tutta l’ideologia borghese. Afferrare l’arma del nemico, quindi, sarebbe solo l’afferrare il vuoto, mancando il concetto di malattia [am Krankheitsbegriff vorbeigreifen]. Mettere quest’ultiomo su base scientifiche nei termini della scienza borghese non poteva essere nel nostro interesse già per la semplice ragione che nel campo dell’ideologia e della critica ad essa le armi non sono intercambiabili. Cosa interamente in contrasto con il campo militare.

Anche se l'auto-organizzazione dei pazienti, in quella fase iniziale, non era ancora a conoscenza del fatto che le basi categoriche di ogni scienza empirica, dalla fisica alla parapsicologia, da Aristotele e Cartesio con il loro "o l’uno ... o l’altro ..." [entweder / oder] (tertium non datur, principio della non-contraddizione) non sono altro che la follia per eccellenza [Verruecktheit schlechthin, in tedesco ‘verrueckt’ oltre a essere ‘disadattato’ connota anche essere spostato, rimesso in un altro posto] contro cui la dialettica inerente nella materia stessa, come, per esempio, nel caso della fisica, come la scienza più avanzata, si sta affermando costantemente, anche se con difficoltà - per essere poi, con il pretesto di sistematizzare i risultati, falsificata e controfatta da parte dei filosofi borghesi in una sorta di idiozia utile – che la follia dunque, che si rispecchia nella contraddizione esclusa nello stesso modo con cui si rispecchia nel manicheismo di tutte le istituzioni capitalistiche, con la merce tutto in fondo e l’antagonismo di classe in cima, ha la sua base, non diversamente da quella clinicamente chiamata follia, nel consueto scambio di equivalenti mediato dal denaro il quale sta pervertendo – tanto impercettibilmente quanto in modo compulsivamente trascendentale – il mondo comune a tutti in uno zero statico (statistico), sostituendolo con quella rappresentazione della mente che è il valore come la cosa di tutti i mestieri [aller Welt Ding], e raccoglie, da un lato, l’appropriazione spezzettante, pezzo per pezzo, nell’alienazione, dietro le mura delle cliniche e, dall’altro, nelle cassaforti blindate; anche se quell'ancoraggio della scienza nello scambio di merci e nel traffico di esseri umani non era ancora stato visto chiaramente e il legame tra la malattia e la scienza borghese non era ancora stato stabilito, non c'era motivo di seguire, ad esempio, la raccomandazione di Lenin di mettere la scienza a occhi chiusi al servizio del benessere comune proletario.

L’ostilità del collettivo dei pazienti contro la scienza di cui è stato accusato immediatamente da parte degli studenti, un’accusa ostinatamente applaudita dagli arrivati e dall’establishment, quindi, non ha le sue radici nell’ "Anarchismo" che ovviamente era stato ritenuto responsabile di questa ostilità (perché mai?), ma piuttosto in una fondamentale preoccupazione di se stessi, come pazienti, anche se coloro che, come cavie umane, stanno subendo i colpi di questa scienza proprio in questo momento, si trovano accidentalmente nei panni dell’onnipresente "Altro", il cui destino non dovrà riguardarci.

Alcuni problemi nei riguardi della scienza poneva la psicologia. No, non perché la sua validità scientifica è ampiamente messa in dubbio, cosa, del resto, non giustificato del tutto, perché dove differiscono realmente la sua struttura categoriale e le sue applicazioni civili e militari da qualsiasi altra scienza? In nulla affatto.

L’interesse particolare dei pazienti, specialmente dopo che numerosi studenti di psicologia e psicologi si erano uniti al collettivo, si era acceso attorno all’oggetto di questa dottrina, la psiche. Alcuni consideravano questa dottrina (la psicologia), se non altro per questo suo substrato, essere "idealistica", allineando i loro punti di vista su qualcosa che si trova in qualche modo tra spiritualità e spiritismo [etwas zwischen spiritualistisch und spiritistisch], e quindi ritenevano, in maniera ortodosso-materialista rigida, di aver sistemato il tutto. Infatti, si rivelava regolarmente che erano profondamente imbevuti di speranza nel credere che la creazione di una "psicologia materialista" avrebbe spiegato il mistero.
Successivamente e a sorpresa di tutti si era rivelato essere giusto che in questa questione si debba seguire solo la Bibbia, secondo la quale l’anima vivente è precisamente la cosa di cui è fatto l’uomo quando è stato creato, e cosa rimane di lui quando muore, per cui ci si deve solo immaginare che questo processo che conduceva all’anima vivente ebbe inizio all’indomani dell’emergere dell’uomo, con la sua preparazione di venir trasformato, sotto forma di una specie di mortalità infantile universale, in precisamente quella merce in cui passa il resto della sua esistenza terrestre [irdisches Dasein] nel ciclo di produzione e consumo: un uomo rispetto a tutte le sue possibilità una volta e per sempre morto, quindi un’anima vivente!

Il concetto di malattia completo:

 

1

{

Lavoro salariato

Capitalismo

2

 

Processo rivoluzionario

 

3

{

Auto-generazione

Alienazione

1 e 3 si riferiscono l’uno all’altro (in primo luogo) come antagonismi [Widerstreit (scontro, confrontazione)].

1 e 3 sono (in secondo luogo) - come lavoro salariato / Capitale e come specie [Gattung] / alienazione – due antitesi contradditorie l’una contro l’altra e allo stesso tempo sono antitesi identiche ( ).

Nel processo rivoluzionario 1 è ricordato e interiorizzato [er-innert] e deve essere ricordato e interiorizzato, mentre 3 è esternalizzato [ent-aeussert] e deve essere esternalizzato, vale a dire 1 è la vita spezzata, 3 è l’individuazione della specie.

A 1 appartiene inoltre il feticismo delle merci, a 3 la "medicina di difesa" [Wehrmedizin], l’aggressivo militarismo della medicina.

Nella sistematica universale del concetto ("identità dell’identità e della differenza"), 1 corrisponde all’identità, 3 alla differenza, 2 all’identità tra 1 e 3.

La vita del concetto è il continuo e costante essere-l’uno-contro-l’altro [Gegen-einander] dei tre momenti e l’essere-l’uno-con-l’altro [Miteinander] dei lati.

"L’ebbrezza baccante, in cui non vi è membro che non sia ebbro". 5 elementi perché i momenti dell’identità e della differenza sono empiricamente raddoppiati sia dal punto di vista funzionale che strutturale.

1 corrisponde alla differenza ("piccolo feticcio, apparecchiati"),

3 corrisponde all‘identità ("ambientato nell’alienazione").

A 2 appartiene l’individuazione di 3 e la particolarizzazione di 1 come prassi.

Comprendere non si riferisce a delle cose [Sachen (anche assunti, affari)] o alle loro riflessioni speculari (sentimenti, emozioni, percezioni, pensieri), ma la materialità [Stoff] del concetto è la contraddizione, che sta procedendo in modo assimetrico e mai sta "mutando alla logica dell’equilibrio" ["nie zur Logik des Gleichgewichts gemausert"].

Ciò che unisce il Capitalismo e la Malattia è l’auto-generazione [Selbstbegattung] ("da sé").

Rispettivamente per il lavoro salariato e la malattia da un lato, e l’alienazione dall’altro.

Il processo rivoluzionario: individuazione invece di 1, e arma, violenza invece di 3.

 

VIII 1975, 714, Z235
(8/1975, Codice postale 714 carcere di Ludwigsburg, cella di carcere 235)

Huber

 

Da SPK-Dokumentation Teil 3 (SPK-Documentazione parte 3), prima edizione 1977

Annotazione 2006:

Peter Brückner mi aveva spinto alla stesura di questo elaborato prima di essere stato assassinato da Pestl - .

 

Traduttore:

PF/SPK MFE Italia

Redazione finale:

Huber
KRANKHEIT IM RECHT

 

11.06.2018